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GLI ARABI IN SICILIA

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IL MEDITERRANEO PUO’ ESSERE UN LAGO CHE UNISCE NON UN MARE CHE DIVIDE (Fernand Braudel)
 
Conoscere l’origine e la storia di un paese é  una fonte di rivelazioni, oltreché una ricerca  utile e affascinante .  
Ripercorrendo il tempo e lo spazio si scopre che i popoli che si affacciano sul bacino Mediterraneo non sono vicini solo geograficamente, ma posseggono molti fattori che li accomunano e che li hanno accomunati nel passare dei secoli.
Purtroppo molti di questi particolari storici sfuggono nell’ambito degli studi scolastici e cio’ non dovrebbe accadere, perché costituiscono un patrimonio di grande valore per tutti noi.
L’Italia é diventata il paese di oggi, grazie  all’apporto fornito dalle culture dei diversi popoli che l’hanno attraversata e anche occupata in innumerevoli  periodi della storia.
Molto interessante é ricordare ad  esempio ,che la Sicilia (Al Siqylia) dall’827 all’anno 1091 fu sotto il dominio islamico e Indubbiamente il fascino dell’isola é dovuto in buona parte a questa periodo di dominio .
 
Ancora ai nostri giorni si possono trovare le tracce di questa antica presenza. A Mazara del Vallo, zona in cui sbarcarono gli invasori arabi, é stata mantenuta la pianta urbanistica di tipo islamico, caratterizzata dai vicoli e dai cortili  dei quartieri di San Francesco e della Giudecca,dalle cupole delle chiese di Sant'Egidio e del Carmine e dalla struttura della Chiesa San Nicolò Regale, detta anche di Santa Niculicchia, che rispecchiano la tradizione architettonica arabo-normanna.
 
Palermo  (Balaarm) divenne la residenza dell’emiro e la capitale, che al tempo venne abbellita da minareti, palazzi, fontane, giardini e souk.
La « Cuba di Palermo » e la chiesa di S. Giovanni degli eremiti , rappresentano attualmente una sintesi architettonica arabo-normanna . Cupole, finestre ad arco sesto acuto rimangono intatti nel loro splendore.
 
 
Durante I 200 anni della loro dominazione, oltre all’architettura, di cui sfortunatamente rimangono poche tracce, gli arabi portarono la loro cultura, l’arte, la scienza e la poesia.
Ancora ai nostri giorni vengono recitati e tramandati da famosi cantanti quali Franco Battiato e Etta Scollo i versi sublimi dei poeti arabi di Sicilia. Le loro poesie raccontano l’amore per la terra siciliana e per la vita.
Il piu’ celebre appartenente a tale genere letterario fu Abd Al Jabbar Ibn Hamdis. Nato a Siracusa nel 1056, abbandono’ a malincuore la Sicila dopo la conquista normanna (1078). Le poesie piu’ belle raccolte nel « Diwan » (Il Canzoniere), affrontano il dramma dell’esilio e la nostalgia per la patria perduta.
« « Dio protegga una casa in Noto
e nubi cariche di pioggia
vi affluiscano
 
la vedo a ogni ora nel ricordo
e a lei invio
le lacrime che verso
 
mi struggo di nostalgia
per la casa, i vicini e la virtù
attraente delle ragazze
 
chi partendo ha lasciato il cuore
in quella terra
con il corpo desidera tornare »
Ibn Hamdis
 
Similmente scriveva un suo compatriota, ospite anche lui della corte abbadide, Abu l-
Araba Mus’ab al-Qurashi :
 
« Patria mia, se tu ti sei allontanata da me,
io prenderò a mia patria le selle dei generosi corsieri ».
 
Anche la cucina si arricchi’ e si insapori’ con i profumi del Magreb : la cassata, dolce simbolo della Sicilia deriva dall’arabo « quas’at « che significa casseruola, cioé lo stampo che veniva utilizzato per preparare il dolce e anche il delizioso marzapane vanta le stesse origini. Sembra infine, che la nostra  pasta sia il risultato di un  contributo anche arabo.
Già nel 1154 infatti, il geografo arabo Al-Idrin scrive di un cibo di farina a forma di fili", chiamato triyah (dall'arabo itrija, che sopravvive nella lingua moderna e deriva dalla radice tari = umido, fresco), che veniva confezionato a Palermo e trasportato in tutta la penisola. Furono sempre gli arabi che insegnarono l’arte dell’essiccazione della pasta, procedimento che permetteva una lunga conservazione dell’alimento.
In un antico documento di cucina di 'Ibn 'al Mibrad (IX sec), appare un piatto comunissimo tra le tribù beduine e berbere, ancor oggi conosciuto in Siria e in Libano: si tratta della rista, cioè maccheroni essiccati conditi in vario modo, ma soprattutto con lenticchie.
 I Mustazzola : dolci natalizi di origine araba.
Non si puo’ immaginare che dopo l’ influenza araba durata secoli, anche il nostro linguaggio non ne abbia subito trasformazioni e conservato delle tracce indelebili, eccone qualche esempio :
AGUZZINO = AL- WAZIR
DOGANA = DIWAN (libro usato per segnare le merci in transito)
RICAMARE = RAQQAMA (ricamare, tessere)
CARAFFA= GARRAFA (vaso di terracotta)
BIZZEFFE= dall’arabo magrebino « bizzef » : molto.
MESCHINO= dall’arabo “miskin” (povero, misero)
LIMONE= LIMUN
ALAMBICCO= AL-ANBIQ.
Nell’arte, nella culinaria, nel linguaggio, in molte tradizioni della nostra gente si perpetrano i costumi di quel lontano anno mille quando In Italia esisteva già un “laboratorio multietnico”  
Questo racconto costituisce un brevissimo cenno di una lunga storia che fa parte del nostro presente, l’intento é quello di suscitare la doverosa curiosità in ognuno di noi, che induca a ricercare meglio i dettagli piu’ preziosi, i fili che uniscono il popolo italiano a quello arabo.
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